La personale di Ousmane Ndiaye Dago alla Other Size Gallery di Milano espone un corpus di quindici scatti appartenenti al ciclo più rappresentativo del suo lavoro: “Femme Terre”. Fra i principali esponenti dell’avanguardia africana contemporanea, Dago reinterpreta, con continue variazioni sul tema, il corpo femminile, travestendolo di gesso, fango, argilla e pennellate di colore.
Donne senza volto, corpi su cui passato e presente, antiche ritualità e odierne questioni di genere s’incontrano, senza mai scadere nella banalizzazione dell’“esotico”: si presenta così la personale di Ousmane Ndiaye Dago che espone il ciclo più rappresentativo del lavoro del fotografo senegalese, fra i principali interpreti dell’avanguardia africana contemporanea.
In mostra, un corpus di quindici fotografie che reinterpreta con continue variazioni sul tema il corpo femminile, travestendolo di gesso, fango, argilla e pennellate di colore.
Nel ciclo “Femme Terre”, iniziato nella seconda metà degli anni Novanta, il corpo viene nascosto e, contemporaneamente, svelato da materiali vari e tessuti. L’impasto materico si secca sulla pelle fino a trasformare le modelle africane scelte dall’artista in simulacri geologici e quasi marmorei, fatti di terra e immortalati in immagini bidimensionali dal medium fotografico. La pelle si trasforma in superficie su cui il fotografo-performer imprime volumi plastici mentre le donne diventano terra perché ne assumono i colori, le forme e le scabrosità. Nascono fotografie dal colore vivido, smaltato, traslucido che rappresentano corpi sensuali e misteriosi.
“Femme Terre” è un progetto che, ispirandosi a pratiche rituali e magiche della cultura africana, nasce dall’idea di identificare la donna con la Madre Terra; il corpo delle modelle, attraverso l’argilla, viene riplasmato e ascritto a una sorta di tempo originario del mondo. Il fotografo contrappone il linguaggio della tecnica al fenomeno della natura, quello dell’artificio al sentimento primordiale della vita.
Le donne di Dago non mostrano mai il volto, sfuggendo a un’identità definita e si configurano come pure forme, potenti ed erotiche. La cancellazione assurge a metodo di sacralizzazione della donna e fa sì che le giovani modelle possano incarnare tutte e nessuna in particolare.